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Trent’anni fa, all’ordine del giorno d’una delle primissime riunioni del Gruppo Italiano Frattura, figurava il punto Marchio IGF. Alcuni tra i fondatori del nostro Gruppo – i più entusiasti – si presentarono alla riunione proponendo ciascuno un proprio bozzetto. Dopo un disattento esame degli elaborati, senza procedere a una valutazione comparativa autoreferenziale e pertanto invalidabile, fu facile per il Presidente pro tempore disattendere le aspirazioni degli improvvisati designer senza ferire il loro amor proprio. Un luogo comune mise tutti d’accordo: La guerra è una cosa troppo seria per farla combattere dai generali: un bravo professore, ahimè, non necessariamente è un eccellente comunicatore, un esperto nel campo della meccanica della frattura non necessariamente è un maestro della comunicazione visiva.
Un’accoglienza unanime trovò la mia proposta di interessare al nostro problema Franco Grignani. Nato a Pieve di Porto Morone, classe 1908, milanese d’adozione, grafico e fotografo, architetto e pittore, Franco Grignani era noto per i suoi contributi sperimentali nel campo della psicologia della forma – basti pensare alla Pura lana vergine, il più famoso dei suoi logotipi (Fig. 1).

Carpire a questo personaggio la promessa di creare il marchio IGF non mi fu difficile. L’avevo incontrato sette anni prima a Milano, l’8 gennaio 1975, alla vernice della sua Mostra “Una metodologia della visione”, alla Rotonda di via Besana. Quell’incontro fu per me un colpo di fulmine. Ancora oggi in me è vivissimo il ricordo. Al cospetto dei suoi Psicoplastici (v. ad esempio la Fig. 2) mi colpisce la violenza del messaggio visivo. Ma non è tutto. Qualche minuto di riflessione e ravviso una sconcertante analogia formale tra la percezione dinamica delle sue strutture modulari risonanti e il processo, a me familiare, di misura spettroscopica delle strutture quantistiche appartenenti al nanoscopico mondo degli atomi. Traumatizzato, vinco la mia timidezza di allora, e mi presento a lui. “Maestro – gli chiedo – come mai le misure di spettroscopia quantistica che noi fisici facciamo in laboratorio, sulle quali poggiano le nostre certezze scientifiche e si fondano gli sviluppi concreti delle nuove tecnologie, rassomigliano in modo così evidente alle illusioni ottiche che provo all’atto della percezione di queste sue strutture indecidibili, ambigue, assurde, inconcretizzabili?” Mi risponde: “Queste opere non sono fatte per essere osservate da persone facilmente impressionabili. E poi. Perché inconcretizzabili? Le tocchi pure, professore!”.
Quell’incontro mi turbò profondamente. Le rassicuranti certezze della vita di laboratorio si struggevano come neve al sole. Seguirono notti da incubo: C’era soltanto un modo per uscirne: studiare il problema con l’aiuto di colui che, inconsapevolmente, l’aveva sollevato.
Con opere stimolate dai nostri incontri, protrattisi fino alla sua scomparsa nel 1999, Franco Grignani è riuscito a rendere per_cepibile visivamente la rappresentazione fedele di strutture precluse ai nostri sensi: di strutture e di concetti che, come scriveva negli anni Venti del secolo scorso Werner Heisenberg, uno dei padri della meccanica quantistica, non si prestano ad essere facilmente com_presi utilizzando il linguaggio ordinario i cui concetti derivano dall’esperienza della vita di ogni giorno. Custodisco gelosamente le rappresentazioni dinamiche dei sistemi quantistici bistabili sviluppate da Grignani. Mi riferisco ad esempio alla rappresentazione (Fig. 3) del quantum bit – il qu-bit ovvero l’unità elementare del quanto di informazione – e al tempo stesso della molecola di idrogeno mentre assorbe un fotone durante una misura spettroscopica caratterizzata da un trasferimento risonante della carica elettronica. A mio avviso questa immagine, carica di ambiguità, propone alla nostra percezione non un’illusione ottica, bensì una rappresentazione fedele del comportamento dinamico del sistema soggetto – sistema-quantistico durante il processo di misurazione.

Torniamo al marchio IGF (Fig. 4). L’occhio è chiamato prepotentemente a percorrere e a chiudere il perimetro della figura disegnandolo mentalmente, cosicché l’immagine non tarda a presentarcisi come una EFFE maiuscola adagiata sul piano. Ma il processo percettivo non si ferma qui. I moduli strutturali di questa composizione s’insinuano nella mente, chiamata a interiorizzarli e a correlarli ulteriormente. Dopo un prolungato lavorio nascosto, le sinapsi quiescenti di chi, incuriosito, intensifica lo sforzo di attenzione, si attivano bruscamente: all’improvviso – è lo stadio critico della “catastrofe percettiva” – l’immagine della EFFE, dianzi compattata mentalmente, sembra sgretolarsi per lasciare il posto a una sorta di griglia che sguscia via dalla superficie piana dell’acrilico e invade la terza dimensione. E’ una griglia che, nella versione originale del marchio (è doveroso puntualizzarlo), è tutta rigorosamente nera. Si sa, i marchi evolvono. Pensiamo al marchio FIAT. Fagocitato dagli anni, l’acronimo dell’antica Fabbrica-Italiana-Automobili-Torino nella versione odierna è tornato a riveder le stelle.
Il marchio autentico IGF stimola così il nostro pensiero visivo a evolversi in guisa di metafora del processo di frattura: una instabilità dinamica, questa, che consiste appunto in un prolungato lavorìo durante il quale si intensifica nel provino lo sforzo tensile, fino a pervenire ad uno stadio critico – la catastrofe – che si risolve nello sgretolamento.
Franco Grignani donò questo marchio al Gruppo Italiano Frattura. Valga, questo scritto, a mantenere viva la sua memoria.


Giuseppe Caglioti
Cofondatore e primo Presidente del Gruppo Italiano Frattura
Professore emerito di fisica della materia al Politecnico di Milano
giuseppe.caglioti@polimi.it
www.piezomusicolor.it